CONFERENZA BOSTON

sabato 14 febbraio 2015


CONCEZIONE FUNERARIA DELLE TAVOLE D’OFFERTA  IN  EGITTO, 

 

                                       NUBIA e YEMEN

                             

              Maria Luisa De Gasperis

 

Consacra la Tavola d’Offerta e rispetta Dio “ cosi’ inizia l’   Insegnamento per Merikara”.

L’argomento di questo breve intervento si prefigge di esporre la storia di alcuni manufatti  preposti ai culti funerari con particolare riguardo alle Tavole d’Offerta, dalla loro comparsa sul suolo egiziano al   loro diffondersi lungo tutta la Valle del Nilo fino alle impervie cataratte della zona nubiana, l’antica Meroe, attuale Sudan ma anche alla loro diffusione nei territori che si affacciavano sul Mediterraneo.

Il simbolismo che si  legge “ su alcuni manufatti rinvenuti, fa parte del patrimonio comune a tutti i popoli del bacino mediterraneo che hanno arricchito la cultura umana partendo dagli antichissimi culti funerari attraverso un processo speculativo determinando la purificazione dei molti elementi primitivi, per raggiungere, nelle epoche storiche tarde, una unità di concetti tendenti a ricomprendere tutti gli elementi in un unico rituale.

Questi manufatti sono stati presenti  dai primi regni faraonici fino a quelli tardo-tolemaici e greco-romani ma la loro propagazione ha rappresentato le commistioni e le influenze assimilate da tutte le popolazione che si affacciavano sulle coste del Mediterraneo.

Le Tavole d’Offerta ne sono un esempio molto significativo infatti venivano collocate non solo all’esterno dei templi funerari ma anche all’interno delle
sepolture  rinvenute nelle più isolate propaggini dell’attuale territorio sudanese e del Vicino Oriente Antico.

Poiché si è sempre parlato di questi oggetti in maniera frammentaria, la scrivente ha sentito la necessità di portare all’attenzione degli studiosi i materiali e
ricerche da lei stessa effettuate per tracciare in maniera semplice una breve storia di questo manufatto ed  i motivi che, a mio avviso, lo hanno reso importante ed essenziale per l’attuazione dei riti funerari.

Bisogna tenere presente inoltre che non solo in Egitto e nel Sudan questi manufatti furono essenziali per il compimento dei culti funerari ma  si sparsero anche in altri territori  come  lo Yemen o la  Tunisia rinvenuti in contesti funerari ed in ambiti  templari.

Di questo manufatto ci sono pervenuti moltissimi esemplari ma per una analisi significante di questo singolare strumento di culto, è indispensabile partire dal rapporto esistente tra la cultura egizia e la sua esperienza religiosa.

 L’idea della Tavola d’Offerta è infatti connessa  al concetto dell’altare, rappresentato sin dalla più remota antichità da una struttura rialzata, generalmente posta all’interno della cappella funeraria, costituita da un unico blocco rettangolare a volte preceduto da una piccola rampa di scale.

Considerata come una sorta di altare trasportabile fu realizzato  con materiali e forme diverse, concepito per assicurare la congiunzione tra la vita terrena e quella desiderata dopo la morte, tanto che nel pensiero antico, a mio avviso, essa rappresentava la prosecuzione ed il mantenimento di alcune ritualità necessarie al defunto per la sua esistenza dopo la morte, infatti le venne riconosciuto un valor magico che si evince dagli amuleti , in forma di Tavole d’Offerta, di dimensioni 
ridotte e di epoche diverse, ritrovati accanto ai defunti, di cui una cospicua serie è esposta nel Museo del Cairo,  Egitto.

Alcune di esse  sono stati realizzate in “ faiance “, materiale  tipico per il suo carattere devozionale e dimostrano il bisogno di elevazione e di continuità.

Infatti compare non solo all’interno delle sepolture ma  anche lungo il perimetro esterno; ne sono state recuperate alcune all’interno delle mura perimetrali delle sovrastrutture templari, durante gli scavi eseguiti presso il cimitero 150 a sud del Tempio di es-Sebua, banco Ovest, nell’Alto Egitto e presso Dangeil.                                                                                       

Questi oggetti per lo più litici di forma quadrata o rettangolare rappresentavano tutto quanto necessitava alla vita ultraterrena, soprattutto le immagini delle divinità preposte al culto dei morti e alla loro protezione: l’offerta di cibi e bevande che venivano decorate su di esse, in particolare l’acqua , rara e preziosa, come elemento rigeneratore della vita, rappresentava il motivo principale che induceva alla sua raccolta e conservazione  che veniva realizzata con la costruzione di laghi artificiali edificati accanto o all’interno di zone sacre templari.

Queste acque considerate sacre, erano utilizzate per le cerimonie quotidiane in onore delle divinità  e dei funzionari venivano preposti al compimento delle cerimonie liturgiche.

In esse si riflette il significato di Lago Sacro che nelle Tavole d’Offerta  che veniva rappresentato con delle scale discendenti che circondavano il bacino (lago) scavato nel centro della lastra, contenente il prezioso liquido come si evince da  una di queste , rinvenuta ad Arminia ed esposta nel Museo di Elefantina.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Potevano Poteva avere una forma ovale o a sgabello ma la maggior parte erano delle lastre rettangolari o quadrate sulle quali era decorata una semplice stuoia rappresentante  il geroglifico “ hetep  e sulla quale venivano poste tutte le offerte consacrate al defunto; alcune volte le immagini erano decorate  sul piano con incisioni tanto eloquenti e naturali che il grande Andrè Lhote (Lhote 1954: pagg. 43 e segg)  le definì   pittura a trompe l’oeil “ e riconobbe in esse una diversa e più delicata lettura dell’arte egizia: una minuziosa ricerca della rappresentazione della realtà, il vuoto incorniciato e definito, costituito da un profondo incavo che riflette la concezione geometrica dei due elementi: il pieno e il vuoto come rappresentazione del rapporto tra  il reale e il trascendente.

Il perimetro della lastra è percorso da un canaletto che termina in un “ beccuccio-versatoio” dal quale fuoriesce il liquido sacro e le iscrizioni che vi sono decorate lungo il bordo o  all’interno di esso, rappresentano la formula d ‘offerta composta da invocazione, nominazione, ascendenza materna e paterna, frase descrittiva.

Erano determinanti le iscrizioni che inneggiavano a invocazioni e  richieste di protezione  poste lungo il perimetro della Tavola che inizialmente erano in carattere geroglifico e successivamente in tarda epoca, in meroitico, legata alla cultura e al regno dei Faraoni Neri di Meroe.

 Esse   trasmettono  una enfasi letteraria attraverso la componente religiosa che ne diviene il fattore essenziale.

 I testi   che vengono incisi su di esse, offrono una particolare interpretazione del mondo circostante, diventando non solo una esperienza morale e religiosa ma  anche uno strumento per la realizzazione sociale, politica, economica del paese.

 Pertanto, sia le decorazioni che le iscrizioni hanno permesso di valutare le diverse culture che si sono succedute lungo la Valle del Nilo e nei territori che si affacciavano sul Mediterraneo, incontrandosi, adattandosi  e talvolta assorbendo le tradizioni autoctone.

Infatti, il coagulo sociale e le variegate forme di vita determinarono motivazioni religiose nelle quali si innestarono riti cultuali legati alle diverse trasformazioni e metamorfosi  ammirevoli che riassumevano ogni forma di interessi,   associati all’avvicendarsi dei  periodi storici nei quali confluivano le influenze di tutte le popolazioni che si affacciavano sulle coste del Mediterranee attraverso scambi commerciali e culturali.

Alcuni popoli che si erano stanziati nella zona, chiamata Meroe,  nell’Alto Egitto, attuale Sudan, fra la II^  e la VI^ cataratta,  durante la 25^ Dinastia, lasciarono consistenti vestigia costituite da  cimiteri e tombe reali con  la caratteristica forma piramidale ma di dimensioni ridotte rispetto alle grandi piramidi dell’Antico Egitto. 

Le rappresentazioni decorate sulle Tavole descrivevano le offerte alimentari : pani di varie forme, parti di animali, uccelli, pesci, pollame  ma anche liquidi  che erano  contenuti in vasi e brocche di forme diverse; le loro diversità  servivano a figurare il liquido contenuto e i riti per i quali venivano utilizzati

 Alcuni di questi vini erano ricordati nei “ Testi delle Piramidi “ come quello pregiato di Samen o quelli più ricercati di Hami e Nebesha.

L’esempio più esemplificativo dell’importanza che la rappresentazione di queste alimenti ha avuto per queste popolazioni si ritrova nelle elaborate Tavole d’Offerta sulle quali sono incisi una moltitudine di cibi come si desume da un esempio di una di esse, esposta nel Museo del Cairo.
Con il trascorrere dei vari periodi storici esse assumono diverse  iconografie e iconologie.

Nella prima fase della loro apparizione, hanno la forma di “ Tavole-Bacini “, nella fase successiva del  Medio Regno, riflettono il periodo classico dell’arte egizia infatti  sono molto elaborate e cominciano ad illustrare attraverso la elaborata decorazione, un più eloquente pensiero religioso. 

Alcune di queste rappresentazioni, incise su di esse, riflettono la loro essenzialità; si ha un esempio nell’importanza che assume il pane e le sue variegate forme.

Questo elemento sembra essere divenuto tanto  importante da edificare dei panifici appositi,  con numerose persone preposte alla produzione di questi tipi di pane destinato al re e alle offerte rituali durante i  riti  funerari e che furono chiamati “ Casa del Pane”.

Furono così importanti che ne furono riprodotti dei   modellini   in  forme ridotte di argilla da inserire nel corredo funerario del defunto e che si possono osservare
esposte  nel Museo del Cairo.
Un altro esempio esplicativo riguardante le Tavole d’Offerta deriva dalla scoperta di cui parla la  collega Cristiane Desroches-Noblecourt (Deroches-Noblecourt 1980: 200), che riferisce:
“ ………………….dei Sacerdoti di Iside, quando, quotidianamente e condotti dalla stessa dea ogni dieci giorni – si recavano in barca da File a Biga per offrire la libagione  a Osiride  sulle 360 ( + 5 ) Tavole d’Offerta. che segnavano  l’ubicazione della sua tomba….”.

E’ interessante notare che il complessivo numero delle Tavole d’Offerta citate è 365 pertanto a mio avviso si può ipotizzare che altrettante fossero le offerte riferite ognuna ai giorni che compongono l’anno.

Non potendo parlare lungamente dell’argomento cercherò di evidenziare quegli esemplari che rappresentano il passaggio importante ed eloquente delle sue trasformazioni nell’ambito della sua storia.

Nel 1819, G.B.Belzoni (Belzoni 1988: 29 e sgg.) che esplorava il territorio lungo la depressione del Fayum in direzione del lago Qàrum, visitò le piramidi di el-Lahun e Hawara alla ricerca del celebre “ Labirinto “ descritto da Erodoto  che scriveva “…ma il Labirinto vince il confronto anche con le Piramidi…” e Strabone “…certi viottoli lunghi …congiunti fra loro da stradelle tortuose…” e per finire con Plinio il Vecchio  “ … gran numero di cortili e sale …camere sotterranee –consacrate al dio Sobek…”.                     

Nell’ interpretare le immagini rappresentate su queste Tavole: un serpente in posizione eretta con    il disco solare sulla testa, simbolo di regalità,  il sandalo, l’ impronta di piede, si può dedurre e comprendere  il sincretismo esistente e l’assimilazione profonda, da parte di popoli di  culture diverse,  delle  contaminazioni profonde e acquisite, dovute non solo a scambi commerciali ma anche ad elaborazioni religiose, strettamente legate ai templi e ai culti  dell’Egitto faraonico.

 

Nell’ampio panorama che rappresentano le Tavole d’Offerta cercherò, visto il breve spazio a disposizione, di esporre alcune che dimostrano alcune  significative trasformazioni infatti ve ne sono alcune in mostra al Museo del Cairo, che rappresentano delle divinità, degli oggetti, degli  animali  scolpite a tutto tondo sulla base della Tavola,  a forma di Situla (Leclant 1994: 8 sgg.).

La Situla,  oggetto a forma di seno materno  aveva il compito di contenente il latte, alimento essenziale che la madre dona al figlio.

Un altro esempio dell’importanza del culto per i defunti e della speranza, attraverso essi, della continuità della vita oltre la morte, è in alcune Tavole d’Offerta esposte  nel Museo del Cairo,  conosciute come “ Case dell’anima “.

Esse  vogliono rappresentare i luoghi e gli oggetti della vita quotidiana reale vissuta  nella sua quotidianeità e simbolicamente  trasportata nel mondo del        post mortem “ pertanto questi manufatti  di dimensioni ridotte, venivano sepolti con il defunto per permettergli gli continuare a vivere come e dove aveva vissuto nella sua vita terrena.
Con esse anche alcune Tavole di terracotta rappresentanti elementi di vita reale.

Nella complessità dell’ideologia religiosa molti miti e credenze avrebbero dovuto escludersi a vicenda invece si incontrarono, innestandosi fra loro e creando un sincretismo univoco.

Infatti nelle Tavole d’offerta si congiunsero, diversificati in tempi e in  luoghi dissimili, le immagini comprendenti  un Pantheon di divinità e manufatti connessi a cerimonie templari e funerarie.

La più importante  fra tutte è quella del   dio Anubis che fin dall’Antico Egitto era preposto al controllo della pesatura dell’anima ma con il passare delle epoche storiche, divenne una divinità offerente eletta all’offerta di  libagioni sacre durante i riti funerari e cultuali ricoprendo una importanza fondamentale nella religiosità egizia dall’inizio fino al tardo periodo tolemaico greco e romano e le sue rappresentazioni  si riconnettevano   alle raffigurazioni  e descrizioni  del “ Libro dei Morti “.

Troviamo anche la dea Iside, personificazione sacrale della dea salvifica e guaritrice.

Essa aveva il compito  di esaudire le richieste dei sofferenti, vivificare la vita eterna, intercedere per i defunti, come è dimostrato dalle invocazioni a loro dedicate, infatti a lei erano dedicate le  preghiere di rinascita  ed eternità

Era  nominata spessissimo nei “ Testi delle Piramidi “, considerata paredra di Anubis,  pertanto   essi venivano raffigurati, uno di fronte all’altra, all’apice della Tavola mentre facevano offerte. (Yelling 1978: 227 sgg)

 Iside, sorella e sposa di  Osiride, identificato con l’acqua del Nilo rigenerante e purificante  poiché

“…….l’acqua di Osiride vuol dire bere la sostanza stessa del Dio… fontana della vita che dona alle anime l’eternità…”

diviene la personificazione sacrale della dea salvifica e guaritrice.

Mentre nelle Tavole d’Offerta  di  Egitto e di Nubia, la religiosità è elevata al bisogno di rinascita alla vita eterna, in quelle ritrovate in Yemen, l’importanza era

data dal liquido rappresentante la libagione purificatrice e necessaria per perpetuare e ricordare la grandezza e la forza del personaggio nominato in cui si ravvisa una sfera intellettuale profonda e l’esistenza di un forte sentimento religioso, dimostrato osservando i manufatti decorati sulle Tavole d’Offerta rinvenute in cui si possono riconoscere anche gli dei del Pantheon  Yemenita. (De Gasperis 2006: 179 sgg).
Possiamo concludere che  nel territorio orientale che si affaccia sul Mediterraneo, le tradizioni più antiche dell’Egitto  rimangono nella tradizione secolare che esorta, come dicono i “ Testi dei Sarcofagi “ :

 “ ……appellarsi all’esistenza di templi e a fare offerte alle Tavole d’Offerta…….colui che sarà unito all’eternità non sarà perduto….”.
Una ultima prova dell’importanza di questo manufatto, oltre la sua presenza in tutti i periodi storici e della sua produzione così diversificata, l’abbiamo in una Tavola d’Offerta di grandi dimensioni, esposta al Museo del Cairo: essa  rappresenta un grande Bacino a forma di cartiglio,  la cui manifattura la data come opera della XXVI^ Din.  in grano diorite  che è un materiale proveniente dal territorio sudanese e la cui preziosità la fa ritenere un opera di grandissima rilievo cultuale. (Leclant 1991: 227 sgg.)
Ancora un’altra Tavola  di forma trapezioidale con stilizzato il geroglifico “ ANK “ e strettamente legato, dal punto di vista iconografico e cultuale alla vita ultraterrena, quasi un  gap” di collegamento fra  il periodo arcaico e quello tardo meroitico, è  esposta al Museo di Asswan.

Essa è decorata  con iscrizioni in lingua meroitica e su tutto il piano della lastra ha   scolpito il geroglifico “ ANK “, geroglifico che significa la eterna continuità della vita oltre la morte: essa risale  al periodo arcaico -2900 – 2770 a.c..
Un’ultima, preziosa rappresentazione di una Tavola d’Offerta è esposta nel Museo del Bardo a Cartagine in Tunisia.
Su di essa sono decorate le divinità  mentre si preparano al compimento del  culto funerario dedicato alla grande divinità del Pantheon greco- romano.
Pertanto, a mio avviso, si può definire la Tavola d’Offerta, la dimostrazione reale di un articolato Pantheon funerario e soprattutto un manufatto unico  ed esplicativo nel suo significato cultuale, manufatto che rappresenta di una vita nell’aldilà e un importante  viatico per la salvezza e la continuità della vita oltre la morte.

 

 

 

                                                                                                                                                            

BIBLIOGRAFIA

 

Belzoni 1988: G. B. Belzoni, Viaggio in Egitto e Nubia, riedizione Verona 1988.

De Gasperis 2006: M. L. De Gasperis, From Egypt to Yemen: A brief note on the Offering Tables, Institute of Oriental Studies, Russian Accademy of Science, Moscow  2006, Vol. 3.

Deroches-Noblecourt 1980: C. Deroches-Noblecourt, L’Egitto del crepuscolo: arti di metamorfosi, Paris 1980.

Leclant 1991: J. Leclant, I Faraoni, Arte meroitica, Paris 1991.

Leclant 1994: J. M. Leclant, Anat propos; l’eau vivificant dans l’Egypt ancienne, Paris 1994.

Lhote 1954: A. Lhote, La peinture egyptiene, Paris 1954.

Yelling 1978: Y. Yelling, The Role of Anubis in Meroitique Religion, Cambridge 1978.

 

I Templari

I Templari

L'Affresco di Raffaello

L’AFFRESCO DI RAFFAELLO PDF Print E-mail

Image
L’AFFRESCO DI RAFFAELLO NELLA CHIESA
 DI SANT’AGOSTINO A CAMPO MARZIO  ROMA  

                                                            
Questo dipinto fu commissionato a Raffaello dal protonotaro apostolico lussemburghese Johan Goritz – italianizzato in Giovanni Goricio –il quale, anche se in giovane età, era già famoso per il ciclo di pitture nella  “Stanza della Signatura” in Vaticano. L’Affresco del Profeta Isaia fu eseguito da Raffaello  tra il  1511 ed il  1512. Nello stesso periodo  Michelangelo aveva terminato gli Affreschi della Cappella Sistina e Raffaello allora molto giovane, studiò questi affreschi e  ne rimase molto colpito infatti nella immagine, nell’atteggiamento e nella potenza vigorosa  che traspare dal dipin to , si ravvede il tocco vibrante  e il colore vivace e denso di Michelangelo. Raffaello fu pagato un prezzo altissimo dal Goritz per l’affresco e egli se ne lamentò con Michelangelo il quale gli rispose che solo  il “ ginocchio “  , valeva quel prezzo.


         




          L’Affresco subì le  ingiurie del tempo , basti ricordare il gesto dissennato che compì un sagrestano il quale,  lo lavò oltraggiandolo con sbiaditure   tanto che uno studioso  d’arte,  il Celio,  nel 1638, ne ricordò l’episodio nel suo scritto “ Pitture…. in Roma , 1638 “, sottolineando la necessità di un restauro che fu eseguito –da Daniele Ricciarelli, nato a Volterra nel 1509 e per questo nominato Daniele da Volterra, morto a Roma il 1566,   allievo di Michelangelo; egli in seguito  fu  ricordato con il nome di “ Braghettone “ per avere “ dipinto “  sui  nudi della Sistina  delle “ braghe “. Nel 1960 fu effettuato un restauro che asportò le ridipinture ad olio e le rielaborazioni a tempera ed acquerello che furono eseguite in  varie epoche.

L’0pera si trova nel terzo pilastro della navata maggiore; il Profeta Isaia è raffigurato in trono fra due putti     che reggono una targa sulla sua testa.  Un festone, sul quale si legge la dedica in greco:
 “ A Sant’Anna, madre della Vergine,  alla Santa Vergine, Madre di Dio,   a Gesù Salvatore, Giovanni Goritius “.
Il Profeta  regge una pergamena che stende  fra le mani nella quale si legge in caratteri ebraici, un passo del libro di Isaia che enuncia :  “ Aprite le porte onde il popolo che crede entri…..”    ( XXV, 2 ).
Guardando l’opera si nota  lo sguardo malinconico  dolce e colmo  di  un richiamo carico di fede che invita coloro che lo osservano ad entrare e credere nella luce del Signore.


La torsione della figura  ricorda il movimento avvolgente che si legge nelle immagini di Michelangelo e nella  simmetria della sua rappresentazione  si nota il busto esuberante sotto il manto ondulato dal quale   esplode la muscolatura possente evidenziata  della accurata descrizione pittorica dei muscoli del braccio e del ginocchio quasi a voler trattenere una  forza interiore pronta a dilagare. I panneggi morbidamente adagiati sulla figura e cadenti lungo il basamento sembrano  avvolgere  il Profeta in una spaziosità voluminosa e morbida resa non solo dai colori solari e corposi ma dal contrasto che accentua il vigore e la monumentalità  dell’affresco. Il velo sfuma dall’indaco al rosa, al giallo quasi a volersi fondere con l’ocra del drappeggio appoggiato sulla base  marmorea così da mettere in risalto ogni particolare della grandezza e della sacralità del suo messaggio.

Davanti a questo affresco doveva essere collocato un gruppo scultoreo rappresentante “ Sant’ Anna, la Vergine e il Bambino “ di Jacopo Tatti detto il Sansovino, nato a  Firenze nel 1486 e morto a Venezia nel 1570; si ricorda che Sant’Anna era la protettrice del committente. Attualmente  il gruppo è stato posto sotto l’affresco.       
  
Prof.ssa    Maria Luisa de Gasperis



venerdì 25 gennaio 2013

I sotterranei del Colosseo

ARTE SACRA PDF Print E-mail

Image

“Sotterranei
del Colosseo


A cura di
Maria Luisa De Gasperis


Quando salì al potere l’Imperatore Vespasiano, sentì che era necessario per dimostrare la sua autorità e la sua grandezza, edificare una struttura che potesse essere ricordata per centinaia di anni perciò fece iniziare la costruzione dell’Antiteatro Flavio. Perché ciò potesse iniziare fu necessario prosciugare il laghetto della “Domus Aurea“ di Nerone e successivamente iniziare a costruire le fondamenta che furono fatte in calcestruzzo romano. La platea della fondazione ebbe la forma di una ellisse a corona ma soprattutto fu dotata di uno spessore di circa tredici metri ma la cosa più straordinaria fu quella che all’interno di questa enorme realizzazione, gli ingegneri romani, fecero passare una infinità di canali che consentivano il deflusso delle acque piovane e di acque di falda. Dopo si provvide ad innalzare la parte alta del monumento fino a raggiungere con l’interramento delle aree circostanti il livello della piazza come è attualmente Tutta la superficie venne poi pavimentata.

Image

I tavolati della superficie poggiavano su una serie di muri paralleli, nei quali vennero ricavati gli alloggiamenti degli ascensori che da quello che ci descrivono gli autori antichi, venivano utilizzati per trasportare le belve e i gladiatori.

Quattro corridoi che erano stati aperti lungo gli assi dell’edificio, portano ai sotterranei del Colosseo che erano illuminati dalle torce e dalle lampade ad olio. Attraverso questi passaggi era pertanto possibile accedere a tutti gli ambienti anche con i carri.

Nelle aree ubicate al nord ed al sud si possono ancora vedere le zone ipogee attraversate da grandi corridoi che avevano anche il compito di ospitare dei grandissimi argani fatti funzionare a mano e che dovevano servire a mettere in attività gli ascensori, i piani inclinati che ruotavano e gli scenari.

Image
Ancora adesso si possono vedere delle grosse borchie di bronzo che dovevano contenere gli assi rotanti delle macchine per manovrare tutto questo apparato scenico. Il “Ludus Magnus“ cioè la “caserma dei gladiatori“, era collegata attraverso i sotterranei del Colosseo al criptoportico ubicato nell’area a nord dove erano situati una serie di edifici addetti ad abitazioni che si aprivano su un cortile e una palestra scoperta di forma ellittica, una sorta di anfiteatro in miniatura.

Image
Dal palco dove prendeva posto l’Imperatore, una scaletta portava fino ai sotterranei che consentivano il collegamento diretto con il trono imperiale dal quale si poteva assistere agli spettacoli.

Da questo corridoio ne partiva un secondo, di tipo ipogeo, che era illuminato da alcuni lucernari che in origine avevano un rivestimento in marmo e con una volta decorata con stucchi dipinti e serviva agli Imperatori per entrare senza essere visti.

Prof.ssa Maria Luisa De Gasperis

venerdì 4 maggio 2012

venerdì 26 agosto 2011



" Les Tables d'Offrande et les cèrèmonies funèraires a Mèroè - Egypte -Yemen "



Settembre 2004