L’AFFRESCO DI RAFFAELLO |
L’AFFRESCO DI RAFFAELLO NELLA CHIESA DI SANT’AGOSTINO A CAMPO MARZIO ROMA
Questo dipinto fu commissionato a Raffaello dal protonotaro apostolico lussemburghese Johan Goritz – italianizzato in Giovanni Goricio –il quale, anche se in giovane età, era già famoso per il ciclo di pitture nella “Stanza della Signatura” in Vaticano. L’Affresco del Profeta Isaia fu eseguito da Raffaello tra il 1511 ed il 1512. Nello stesso periodo Michelangelo aveva terminato gli Affreschi della Cappella Sistina e Raffaello allora molto giovane, studiò questi affreschi e ne rimase molto colpito infatti nella immagine, nell’atteggiamento e nella potenza vigorosa che traspare dal dipin to , si ravvede il tocco vibrante e il colore vivace e denso di Michelangelo. Raffaello fu pagato un prezzo altissimo dal Goritz per l’affresco e egli se ne lamentò con Michelangelo il quale gli rispose che solo il “ ginocchio “ , valeva quel prezzo.
L’Affresco subì le ingiurie del tempo , basti ricordare il gesto dissennato che compì un sagrestano il quale, lo lavò oltraggiandolo con sbiaditure tanto che uno studioso d’arte, il Celio, nel 1638, ne ricordò l’episodio nel suo scritto “ Pitture…. in Roma , 1638 “, sottolineando la necessità di un restauro che fu eseguito –da Daniele Ricciarelli, nato a Volterra nel 1509 e per questo nominato Daniele da Volterra, morto a Roma il 1566, allievo di Michelangelo; egli in seguito fu ricordato con il nome di “ Braghettone “ per avere “ dipinto “ sui nudi della Sistina delle “ braghe “. Nel 1960 fu effettuato un restauro che asportò le ridipinture ad olio e le rielaborazioni a tempera ed acquerello che furono eseguite in varie epoche.
L’0pera si trova nel terzo pilastro della navata maggiore; il Profeta Isaia è raffigurato in trono fra due putti che reggono una targa sulla sua testa. Un festone, sul quale si legge la dedica in greco:
“ A Sant’Anna, madre della Vergine, alla Santa Vergine, Madre di Dio, a Gesù Salvatore, Giovanni Goritius “. Il Profeta regge una pergamena che stende fra le mani nella quale si legge in caratteri ebraici, un passo del libro di Isaia che enuncia : “ Aprite le porte onde il popolo che crede entri…..” ( XXV, 2 ). Guardando l’opera si nota lo sguardo malinconico dolce e colmo di un richiamo carico di fede che invita coloro che lo osservano ad entrare e credere nella luce del Signore.
La torsione della figura ricorda il movimento avvolgente che si legge nelle immagini di Michelangelo e nella simmetria della sua rappresentazione si nota il busto esuberante sotto il manto ondulato dal quale esplode la muscolatura possente evidenziata della accurata descrizione pittorica dei muscoli del braccio e del ginocchio quasi a voler trattenere una forza interiore pronta a dilagare. I panneggi morbidamente adagiati sulla figura e cadenti lungo il basamento sembrano avvolgere il Profeta in una spaziosità voluminosa e morbida resa non solo dai colori solari e corposi ma dal contrasto che accentua il vigore e la monumentalità dell’affresco. Il velo sfuma dall’indaco al rosa, al giallo quasi a volersi fondere con l’ocra del drappeggio appoggiato sulla base marmorea così da mettere in risalto ogni particolare della grandezza e della sacralità del suo messaggio.
Davanti a questo affresco doveva essere collocato un gruppo scultoreo rappresentante “ Sant’ Anna, la Vergine e il Bambino “ di Jacopo Tatti detto il Sansovino, nato a Firenze nel 1486 e morto a Venezia nel 1570; si ricorda che Sant’Anna era la protettrice del committente. Attualmente il gruppo è stato posto sotto l’affresco.
Prof.ssa Maria Luisa de Gasperis |
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