CONFERENZA BOSTON

sabato 14 febbraio 2015

L'Affresco di Raffaello

L’AFFRESCO DI RAFFAELLO PDF Print E-mail

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L’AFFRESCO DI RAFFAELLO NELLA CHIESA
 DI SANT’AGOSTINO A CAMPO MARZIO  ROMA  

                                                            
Questo dipinto fu commissionato a Raffaello dal protonotaro apostolico lussemburghese Johan Goritz – italianizzato in Giovanni Goricio –il quale, anche se in giovane età, era già famoso per il ciclo di pitture nella  “Stanza della Signatura” in Vaticano. L’Affresco del Profeta Isaia fu eseguito da Raffaello  tra il  1511 ed il  1512. Nello stesso periodo  Michelangelo aveva terminato gli Affreschi della Cappella Sistina e Raffaello allora molto giovane, studiò questi affreschi e  ne rimase molto colpito infatti nella immagine, nell’atteggiamento e nella potenza vigorosa  che traspare dal dipin to , si ravvede il tocco vibrante  e il colore vivace e denso di Michelangelo. Raffaello fu pagato un prezzo altissimo dal Goritz per l’affresco e egli se ne lamentò con Michelangelo il quale gli rispose che solo  il “ ginocchio “  , valeva quel prezzo.


         




          L’Affresco subì le  ingiurie del tempo , basti ricordare il gesto dissennato che compì un sagrestano il quale,  lo lavò oltraggiandolo con sbiaditure   tanto che uno studioso  d’arte,  il Celio,  nel 1638, ne ricordò l’episodio nel suo scritto “ Pitture…. in Roma , 1638 “, sottolineando la necessità di un restauro che fu eseguito –da Daniele Ricciarelli, nato a Volterra nel 1509 e per questo nominato Daniele da Volterra, morto a Roma il 1566,   allievo di Michelangelo; egli in seguito  fu  ricordato con il nome di “ Braghettone “ per avere “ dipinto “  sui  nudi della Sistina  delle “ braghe “. Nel 1960 fu effettuato un restauro che asportò le ridipinture ad olio e le rielaborazioni a tempera ed acquerello che furono eseguite in  varie epoche.

L’0pera si trova nel terzo pilastro della navata maggiore; il Profeta Isaia è raffigurato in trono fra due putti     che reggono una targa sulla sua testa.  Un festone, sul quale si legge la dedica in greco:
 “ A Sant’Anna, madre della Vergine,  alla Santa Vergine, Madre di Dio,   a Gesù Salvatore, Giovanni Goritius “.
Il Profeta  regge una pergamena che stende  fra le mani nella quale si legge in caratteri ebraici, un passo del libro di Isaia che enuncia :  “ Aprite le porte onde il popolo che crede entri…..”    ( XXV, 2 ).
Guardando l’opera si nota  lo sguardo malinconico  dolce e colmo  di  un richiamo carico di fede che invita coloro che lo osservano ad entrare e credere nella luce del Signore.


La torsione della figura  ricorda il movimento avvolgente che si legge nelle immagini di Michelangelo e nella  simmetria della sua rappresentazione  si nota il busto esuberante sotto il manto ondulato dal quale   esplode la muscolatura possente evidenziata  della accurata descrizione pittorica dei muscoli del braccio e del ginocchio quasi a voler trattenere una  forza interiore pronta a dilagare. I panneggi morbidamente adagiati sulla figura e cadenti lungo il basamento sembrano  avvolgere  il Profeta in una spaziosità voluminosa e morbida resa non solo dai colori solari e corposi ma dal contrasto che accentua il vigore e la monumentalità  dell’affresco. Il velo sfuma dall’indaco al rosa, al giallo quasi a volersi fondere con l’ocra del drappeggio appoggiato sulla base  marmorea così da mettere in risalto ogni particolare della grandezza e della sacralità del suo messaggio.

Davanti a questo affresco doveva essere collocato un gruppo scultoreo rappresentante “ Sant’ Anna, la Vergine e il Bambino “ di Jacopo Tatti detto il Sansovino, nato a  Firenze nel 1486 e morto a Venezia nel 1570; si ricorda che Sant’Anna era la protettrice del committente. Attualmente  il gruppo è stato posto sotto l’affresco.       
  
Prof.ssa    Maria Luisa de Gasperis



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